Commercialisti al centro di un polverone: ecco le spese che non potrai più detrarre nella dichiarazione dei redditi

State attenti, perché presto potrebbe esserci qualche aggiustamento nelle buste paga per chi ha spese familiari da detrarre. Ecco come si provvede a stringere il cappio intorno alle detrazioni.

Qualcosa sta per cambiare nelle tasche degli italiani. Sembra che il vento di novità stia soffiando sulle detrazioni per spese familiari, e pare proprio che sarà una svolta significativa per un bel po’ di contribuenti a partire dall’anno che verrà.

In Italia, l’Articolo 53 della nostra bella Costituzione pone le basi per un sistema fiscale progressivo, da cui scaturisce l’IRPEF, con i suoi scaglioni di reddito che fanno pagare di più a chi guadagna di più.

Cambio di marcia nell’IRPEF: le nuove aliquote sulla scena

Con le ultime riforme fiscali, sembra però che la situazione stia prendendo una direzione diversa. La proposta di abbattere le aliquote IRPEF a tre sole categorie – 23%, 36% e 43% – sta facendo sollevare più di un sopracciglio, e il dibattito è acceso tra chi paga le tasse e chi le studia.

Nell’intento di calmare queste acque agitate, il governo corrente ha messo sotto la lente d’ingrandimento il sistema delle detrazioni fiscali per il prossimo anno. Queste detrazioni per ora hanno dato una mano a molti a snellire il peso delle imposte. Ma attenti, perché le nuove regole rischiano di incidere soprattutto sui portafogli di chi si ritrova a fare i conti con più di 75.000 euro annui.

Le detrazioni in bilico: chi dovrà fare i conti?

Il piano prevede, per chi ha un bel reddito, di mettere dei paletti sulle detrazioni. Non si spreca comunque tutto, poiché alcune delle agevolazioni più note, come quelle per le spese mediche e gli interessi sui mutui presi prima della fine del 2024, dovrebbero restare in piedi fino almeno al 2025 per tutti.

Per le altre spese, il nuovo piano propone dei limiti sul detraibile, fatto di un importo fisso in euro più un coefficiente che considera la situazione familiare. Questo importo fisso cambia a seconda di quanto si guadagna: si parte da 14.000 euro per i redditi tra 75.000 e 100.000 euro, poi scende a 8.000 per quelli oltre i 100.000. Per il coefficiente invece si parte da 0,5 se non ci sono figli a carico e si arriva a 1 per chi ne ha più di due o un figlio disabile.

Per capire quanto si potrà portare in detrazione, i contribuenti dovranno far due conti: moltiplicare l’importo fisso per il coefficiente che corrisponde alla propria famiglia. È bene che chi è interessato a queste cose si tenga aggiornato sulle normative e cerchi conferme dalle fonti ufficiali per evitare di finire a fare brutti conti.

“La progressività del sistema fiscale è il sale della democrazia economica”, potrebbe affermare un osservatore attento della nostra Costituzione, ricordando l’Art. 53 che ne sancisce il principio. Tuttavia, le recenti riforme tributarie introdotte dal governo Meloni sembrano mettere in discussione questa fondamentale equità fiscale. Riducendo le aliquote IRPEF a tre sole fasce – 23%, 36% e 43% – e modificando il sistema delle detrazioni fiscali, si rischia di allontanarsi da quel criterio di progressività che dovrebbe guidare il fisco italiano.

La decisione di limitare le detrazioni per i redditi medio-alti, pur essendo un tentativo di equilibrio, solleva dubbi sull’effettiva giustizia di tale misura. Se da un lato si cerca di alleggerire il peso fiscale sui redditi più bassi, dall’altro si penalizzano coloro che, pur avendo redditi superiori ai 75.000 €, contribuiscono significativamente al gettito fiscale nazionale. Questa riforma, seppur necessaria, merita un’analisi più approfondita per garantire che la progressività del sistema fiscale italiano rimanga un pilastro inamovibile della nostra democrazia economica.

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